Quando l'anima è un deserto? quando non si hanno sogni

Quando l'anima è un deserto? quando non si hanno sogni

giovedì 1 dicembre 2011

Il segreto dei Still 2

Matilde si svegliò all’improvviso, aveva sentito un rumore, un vassoio che cadeva per terra- come è possibile- si chiese- qui ci dovrei essere solo io. La curiosità era troppa, si alzò, e uscì dalla sua camera. Nel lungo corridorio, non si vedeva anima viva. Matilde, rientrò quindi in camera e prese il lume che stava sul mobiletto vicino al suo letto, e si addentrò per la casa. Non vide nessuno lungo il suo tragitto, inoltre sembrava essere ritornato il silenzio- me lo sarò immaginato-pensò Matilde. Mentre si accingeva però a ritornare a dormire, però sentì di nuovo quel rumore, arrivava dal piano di sopra- forse è un ladro- pensò- cosa devo fare? Chiedere aiuto?. Matilde era troppo curiosa, doveva vedere, e stranamente non aveva paura. Prese un candelabro d’argento, che era poggiato su un mobile nel salone principale, e salì le scale per andare al piano superiore. Anche lì non vide nessuno, il rumore sembrava arrivare infatti, dal piano superiore, salì un’altra rampa di scale. Neanche al terzo piano, vide qualcuno, ma i piani erano finiti, doveva essere per forza in una di quelle stanze. Entrò mano a mano in tutte, a un certo punto si ritrovò nella stanza dei suoi genitori adottivi, si sentiva in imbarazzo- non sarebbero per nulla contenti di sapere che me la sto gironzolando da sola per la loro casa- pensò. Rimase una sola camera, chiunque facesse quel rumore, doveva essersi nascosto per forza li. Cercò di aprire la porta, ma era chiusa a chiave- che strano- disse- tra se e se. Si girò, per ritornare nella sua stanza, incominciava ad’avere un brutto presentimento. Dietro alle sue spalle, sentì  qualcuno girare una chiave nella serratura della porta, allora si avvicinò quatta quatta, e aprì la porta, portando il candelabro d’argento sopra la sua testa, con i muscoli pronti  a stordire chiunque avesse tentato di aggredirla. Ma anche in quella stanzetta non vide nessuno. La prima cosà che notò, era l’enorme finestra centrale che volgeva verso il giardino, sporca e piena di polvere. Si guardò intorno, la stanza era davvero piccola, e non c’erano mobili, solo due scatoloni, li aprì dentro c’erano dei fogli e dei libri- qui dentro non c’è nessuno- pensò- forse, chiunque fosse è scappato dalla finestra. Si avvicinò, a quella enorme finestra, troppo grande, in proporzione alla piccolezza della stanza. Ragnatele pendevano dappertutto, si riempì anche i capelli- che schifò- disse – neanche all’orfanotrofio, c’era una simile sporcizia. La finestra era talmente sporca che non si riusciva a vedere niente, cercò di aprirla, ma sembrava sigillata, allora con una sua manica, della veste che portava, cercò di pulire il vetro, era davvero untuoso, incominciava a vedere qualcosa, sembrava un riflesso, strizzò bene gli occhi per vedere meglio, e vide qualcosa di orribile una faccia nera, enorme, sproporzionata rispetto al corpo gracilino, che le sorrideva sarcasticamente. Urlò, come non aveva mai urlato in vita sua, la figura nera, come un’apparizione, corse fuori della porta, Matilde, lo guardò, non aveva le gambe, le vennero dei conati, che trattenne con difficoltà. Corse versò la porta, che però si era richiusa, continuava ad’urlare , ad’un certo punto la porta si riaprì, e come una furia si gettò verso il corridorio, senza fare attenzione a dove andava. Qualcosa o meglio qualcuno fermò la sua corsa, era uno dei domestici, con cui si era scontrata, ritornò in se. Davanti a se c’erano tutti i domestici, che sentendo le sue grida, si erano svegliati, ed’erano accorsi, per vedere cosa stava succedendo. –Guardate, come è conciata, disse qualcuno, si guardò, ineffetti, era in uno stato davvero pietoso, la veste era nera, e si era anche un po sgualcita, i capelli erano pieni di ragnatele e le mani erano completamente nere. –Che cosà hai combinato? Chiese la domestica, che le aveva mostrato la sua stanza- incominciò a balbettare- c’è un mostro in quella stanza, c’è un mostro- disse, agitata indicando la stanza che sembrava essere sparita nel nulla. Quale stanza?, chiese la donna ridendo, li c’è solo un muro- era lì poco fa lo giuro- Qualcuno avrà dei guai appena ritorneranno i signori- vi dico che era lì- ripetè Matilde. –Che bell’affare, che hanno fatto i signori-disse qualcuno- si sono presi una pazza. Matilde, si mise a piangere, fuori incominciava ad’albeggiare, e la sua prima giornata come signorina Still, non sarebbe certo stata piacevole.

Maria

La mia tata mi strinse forte la mano: stammi vicina Maria questa è una brutta zona. Camminammo per molto tempo i piedi cominciarono a farmi male, tata sono stanca fermiamoci, non ora Maria ma non vedi? Non ti sai guardare intorno, non ci potremo fermare finché non saremo uscite da questo tuburio.
 Le strade erano strette, sporche, ogni tanto si vedevano delle donne aprire le finestre per svuotare i secchi quando accadeva la tata cercava il più possibile di proteggermi da quelli cascate di urina, sarebbe un vero peccato se ti sporcassi quel bel vestitino mi diceva con aria scherzosa. Quando manca per arrivare a casa tua? continuavo a chiederle incessatamente, quell’odore stava incominciando a darmi la nausea, mi tappai il naso con le dita, la mia tata si mise a ridere sei buffa cosa fai ? tata non né posso più di questo tanfo tra poco vomiterò. Siamo quasi arrivate, svoltammo l’angolo e ci trovammo davanti un cortile con i cancelli aperti arrugginiti, nel centro del cortile si ergeva una grossa palma mentre ai lati c’erano due banani. Mi avvicinai per guardarli meglio, le banane erano verdi, troppo acerbe per essere colte e mangiate, la tata mi sgridò e mi riprese la mano stringendola più forte. Mi fai male così mi lamentai, ma allora sei proprio cocciuta ti ho detto di non allontanarti da me, io non volevo neanche venire bofonchiai, io volevo andare a cavallo con Lucia e anche una bella giornata guarda che sole, invece sono qui con te in questo posto puzzolente, mio padre è molto ammalato e io non potevo lasciarti sola, mamma e papà non sarebbero per niente contenti ribattei io. La tata mi guardò negli occhi avvicinandosi a me: Maria, devi giurarmi che non glielo dirai mai, finirei nei guai e perderei il lavoro. Non voglio che tu perda il lavoro, non dirò niente la rincuorai io. La tata bussò con vigore alla porta, ci aprì un ragazzo